Conversational e-commerce: il messaggio è il nuovo carrello


Non vado dal commerciante pakistano e uso un carrello. Non ce l’ha, il carrello. Al massimo ha un cestellino. Ma in ogni caso mi serve lui. Gli piace così. È lì per questo. Anche io sono lì per questo. Per fare presto, prendere due cose, chattare mentre lui me le mette nella busta (chiedetela sempre in materbi, mi raccomando). Pago, ciao, buona serata.
L’ecommerce serio ha sempre avuto il paradigma del carrello in mente. Anzi, se non vende con un carrello non è un vero ecommerce, è solo un sito. Io vago da anni per panel e keynote dicendo che ogni sito dovrebbe comportarsi come un ecommerce, carrello o meno. Ma la realtà è molto frastagliata.
Un modello unico non funziona, non c’è infatti nemmeno nel mondo degli atomi. Se voglio un paio di prodotti e basta e tu sei lì che non fai nulla (o qualcosa che puoi fare dopo), perché dobbiamo romperci in due? Tu mi dai un servizio, io mi riposo – e sorvolo di buon grado sul fatto che all’Essecorta a 2 km avrei potuto[…]

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