Parigi è come Milano, Roma, Napoli, Londra o qualsiasi altra città occidentale cui ci lega un senso antropologico culturale di prossimità.
L’attentato terroristico del 13 novembre è avvenuto in luoghi di vita comune come ce ne sono in tutte le città – teatro, stadio e ristoranti – coinvolgendo persone che potrebbero essere nostri amici, conoscenti o parenti, ponendoci quindi di fronte alla concretezza dell’orrore, privi di qualsiasi protezione.
Il senso di smarrimento è enorme, tanto da farci perdere la capacità di comprendere il significato di quello che accade. Anche categorie comuni della rappresentazione, come le parole, appaiono inadeguate di fronte al mutato scenario, tanto da lasciarci in difficoltà nella scelta della definizione: è terrorismo? Certo, ma un terrorismo che ha perso la definizione di gesto o azione limitata ad un particolare contesto culturale o sociale, a un territorio, a un gruppo politico, etnico o religioso.
È “guerra”? Forse[…]
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